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Giorgio Armani, lettera al mondo della moda: “Io non voglio più lavorare così, è immorale. È tempo di togliere il superfluo e ridefinire i tempi”

Di recente Giorgio Armani ha fatto scalpore con questa lettera rivoluzionaria e indubbiamente disruptive per il suo settore moda e, più in generale, per il modello economico che sta dominando il capitalismo da più di un secolo. Dopo un primo (e assolutamente dovuto) applauso al grande Giorgio abbiamo però deciso di provare a partire proprio da quest’ultimo per analizzare più criticamente la questione di come le aziende dovrebbero muoversi nelle settimane e nei mesi a venire, ora che va delineandosi la fase 2 dell’emergenza coronavirus,.

E se la lettera di Armani fosse infatti tutta una (geniale) strategia di comunicazione cucinata ad hoc per i mercati ai tempi del Covid-19?
Sia ben chiaro, noi di Ventisette non sosteniamo in alcuna maniera questa posizione, ma ci teniamo ad analizzare la questione proprio da questo punto di vista, così da utilizzarla come punto di partenza per riflettere su quello che un brand deve (o non deve) fare in questi mesi così difficili.

Siamo allora partiti dal white paper di Ogilvy Consulting per raccontarvi come un’azienda dovrebbe comunicare al meglio quando il mondo sembra impazzire.


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IL CIGNO NERO E IL CAOS

Il 2020 sarà senza dubbio uno dei più grandi cigni neri degli ultimi 150 anni, ovvero un evento imprevedibile, di estrema rilevanza e plausibile solo ex post (come lo sono stati ad esempio l’ascesa del nazismo, le 2 guerre mondiali o l’avvento di internet), secondo la definizione del filosofo, saggista e matematico Nassim Nicholas Taleb (2007).

La pandemia ci ha fortemente disorientati come individui, come aziende, come governi, ha cambiato e cambierà sicuramente consuetudini radicate da decenni in ognuno di noi.
Molte economie, se non tutte, cadranno in profonda e ineluttabile recessione.
Tutti ci stiamo allora chiedendo quale sarà la nuova normalità cui andremo incontro, una normalità che, almeno ad oggi, è sovente caratterizzata da numerosi aspetti irrazionali, distorti e emotivi: ci troviamo infatti di fronte a una situazione completamente sconosciuta in cui il nostro istinto e i nostri impulsi vengono a galla molto più facilmente.

Banalmente:
– non sappiamo se sia meglio ordinare la spesa online o andare a prenderla di persona
– non sappiamo quando e per chi sia giusto indossare la mascherina
– non sappiamo quanto durerà la quarantena
In sostanza: non sappiamo quando potremo riprendere la nostra vita di tutti i giorni.

Commettiamo tutti, dal capo di governo alla casalinga di Voghera, clamorosi errori di valutazione della realtà, in positivo come in negativo: le nostre decisioni sono oggi più che mai influenzate dai media e dall’opinione altrui.
Il COVID-19, in sostanza, ha creato il terreno ideale per far prendere decisioni dettate dall’emozione più che dalla logica e dalla razionalità

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I BRAND: COME TRASFORMARE LA CRISI IN OPPORTUNITÀ

Come si devono comportare allora i brand, al termine della cosiddetta Fase 1, dove il mondo intero ha imparato a conoscere il virus e ne sta elaborando (più o meno) le conseguenze che quest’ultimo porterà nel medio-lungo periodo?

“La risposta giusta per i brand non è senz’altro il silenzio”

Un sondaggio condotto su oltre 35.000 consumatori in tutto il mondo da Kantar  ha rilevato che solo l’8% degli intervistati ritiene che i marchi dovrebbero interrompere la pubblicità.
Tuttavia, c’è una chiara aspettativa sul fatto che le aziende dovrebbero fare la loro parte, con il 78% dei consumatori che crede che i marchi dovrebbero calarsi all’interno del contesto e aiutare concretamente le persone nella loro vita di tutti i giorni, il 75% che afferma che i marchi dovrebbero informare le persone rispetto a ciò che sta succedendo e il 74% che pensa che le aziende non dovrebbero sfruttare la situazione a loro favore.

La direzione da seguire ci pare quindi ben chiara, come del resto avevamo già scritto alcune settimane orsono: bisogna trasformare questa crisi in un’opportunità per approfondire il dialogo con i propri stakeholder, nel modo corretto e rispettoso dei limiti imposti dalla contingenza.

κρίσις, dal greco antico “giudizio, discernimento”: momento di svolta a seguito di una valutazione razionale.

Qual è questa svolta, e come attuarla, spetta alla comunicazione di marca: ogni esperienza può infatti essere interpretata da angolazioni diverse e, così facendo, cambiare radicalmente di valore, andando a influenzare la percezione che abbiamo dell’esperienza stessa.

Esempio:
A. Dall’entrata in vigore dell’obbligo di restare a casa, le forze di polizia hanno dovuto effettuare 208.0536 controlli.
B. Dall’entrata in vigore dell’obbligo di restare a casa, più del 95% delle persone controllate stava seguendo un comportamento regolare.

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 PROSPETTIVA

I brand devono dunque, come ha scritto Armani nel suo intervento, aiutare le proprie persone a ritrovare la giusta angolazione rispetto cui guardare ai fatti, indirizzandone il focus sulle informazioni davvero rilevanti e utilizzando poi queste ultime per aiutare a gestire e comprendere la situazione attuale.
La visuale delle persone in questo momento è infatti gioco forza esclusivamente limitata all’emergenza in atto e pertanto fortemente ridotta; zero programmi, zero investimenti!

Un’azienda che comunica efficacemente deve aiutare il proprio consumatore o a guardare il Covid-19 da una diversa prospettiva (“X persone hanno violato la quarantena, oppure Y persone sono rimaste a casa”), o da una prospettiva positiva di medio-lungo termine, facendo riemergere tutta una serie di punti di riferimento che sono passati in secondo piano e che fanno da sempre parte dell’anima di un brand: la sostenibilità (vedi Armani) piuttosto che la qualità o il Made in Italy ad esempio possono essere ancore cui attaccare una campagna che aiuti a spostare l’attenzione anche su valori positivi.

Il cambio di angolazione può essere legato anche alla semplificazione di alcuni processi decisionali (soprattutto online) o all’ampliamento delle opzioni a disposizione degli utenti per far sì che questi non si sentano vincolati in modo pesante a una decisione che, se così fosse, non prenderanno mai (ci vengono in mente le opzioni senza cancellazione gratuita su Booking.com).
Non forzare, non mettere pressione, non promuovere in modo esagerato i propri prodotti o servizi, non creare false urgenze all’acquisto: non é il momento e, soprattutto, non servirebbe a nulla.

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CONSAPEVOLEZZA

I clienti sono confusi da una valanga di fake news e/o articoli, post e opinioni differenti che un giorno danno l’allarme e il giorno dopo rassicurano.
Le aziende devono aiutarli ad assorbire poche, corrette, informazioni, non sovraccaricandoli di ulteriore rumore di fondo ma semplificando invece la comprensione della realtà grazie a infografiche o numeri (tratti da fonti ovviamente attendibili) di immediata comprensione.

Non bisogna avere la pretesa di saperne di più del nostro consumatore: facciamogli piuttosto capire che l’emergenza è uguale per tutti, non facciamo finta di niente e ammettiamo l’incertezza (se abbiamo un evento fra due mesi non facciamo finta che sia confermato al 100% ma lavoriamo piuttosto sul comunicare che riusciamo efficacemente a gestire l’incertezza grazie a soluzioni differenti e a una grande flessibilità) e mostriamo che se ne può comunque provare a parlare, insieme e in modo aperto.
Non aggiungiamo infine ansia al caos attuale, come offerte o meccaniche di ingaggio troppo complesse o ambigue.

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VALORI

Potenziando i processi decisionali e rendendoli più razionali, coerenti e liberi da bug cognitivi le aziende possono assurgere a guida agli occhi delle persone, dando loro la fiducia necessaria per compiere scelte di valore anziché di evitamento.

I brand devono rassicurare, guidare e orientare consumatori le cui priorità sono cambiate, così come di concerto le aspettative che questi ultimi hanno nei confronti degli stessi brand: in questa situazione senza precedenti si cercano dei leader.
Un’occasione unica per emergere dal contesto e ottenere o ribadire una posizione di leadership non solo all’interno del mercato di riferimento ma soprattutto riconosciuta dalle stesse persone.
I primati precedenti non sono più sufficienti: ciò che conta sono i nostri valori, che dobbiamo avere (e aver comunicato!) da ben prima del Covid-19!

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 A CHE COSA I BRAND DEVONO AMBIRE

Bisogna ora aiutare le persone ad affrontare e superare questa tempesta, diventandone il riferimento, prendendo una posizione (trend che era comunque già ampiamente iniziato prima della pandemia), offrendo una prospettiva positiva e un tono di voce al contempo aperto e rassicurante così da far prendere decisioni non per paura ma per valore, dando cioè senso a ciò che viene compiuto.
Facciamo qualcosa per i nostri consumatori, diamo loro qualcosa, ingaggiamoli in modo positivo, mostriamo loro azioni di valore attraverso modelli riconosciuti di riferimento e non con adesioni “last minute” a valori che non ci appartengono.
Non adattiamoci a quel che fanno tutti e, qualora siamo costretti a farlo, non sforziamoci allora di fare una campagna ad hoc, non servirebbe a nulla.

Federico Menziani

Partner, Managing Director Dopo la laurea in Bocconi (2010) entra nell’area marketing di Nike Italia dove si occupa di visual merchandising e product presentation. Nel 2012 entra nella sua prima agenzia come project manager pr, seguendo clienti come Vodafone, Conad Centro Nord e Terna in attività di accounting e ufficio stampa. Nel gennaio 2013, a 27 anni, fonda VENTISETTE.