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Come tanti settori, anche la politica digitale sta cambiando pelle: vi presentiamo oggi due casi di studio molto interessanti che potrebbero rappresentare anticipazioni della nuova normalità degli anni a venire.

truth

Donald Trump lancia “Truth”, nuova piattaforma social per la politica digitale

“Follow the Truth.
Truth Social is America’s “Big Tent” social media platform that encourages an open, free, and honest global conversation without discriminating against political ideology.”

Così recita lo scarno testo presente sulla landing page della nuova piattaforma lanciata da Donald Trump negli Stati Uniti lo scorso 21 febbraio (festa del Presidente degli Stati Uniti) e al momento disponibile solo per gli utenti nord americani.

Truth si pone in diretta in concorrenza con Twitter, Facebook e YouTube, da cui il tycoon è stato bandito dopo l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.

Dalle prime indiscrezioni appare chiaro come l’amore di Trump per Twitter abbia condizionato fortemente il modo in cui alcuni elementi del design del suo social network sono stati costruiti: il feed principale, le pagine profilo, i post, le icone di risposta, le ricordivisioni, i like e le condivisioni sono del tutto simili al social dei cinguettii.

Gli utenti potranno pubblicare post (truth) e condividere le verità postate dagli altri utenti sul proprio feed grazie alla funzione retruth; il newsfeed della piattaforma si chiama “truth feed” e ha un sistema di notifiche proprio.

Come è facilmente osservabile, con Truth non scopriamo nulla di nuovo: sebbene la mission di Truth sia la “libertà di espressione”, tutto fa ovviamente pensare a una piattaforma di politica digitale altamente estremizzata nata per fare da cassa di risonanza alla comunicazione trumpiana in vista delle prossime presidenziali del 2024. Diventerà un nuovo bacino per diffondere fake news e distorsioni della realtà?

In Corea del Sud il leader conservatore Yoon Suk-yeol spopola grazie al suo avatar

Sullo schermo ha l’aspetto e la voce di Yoon Suk-yeol, candidato alla presidenza della Corea del Sud.
Ma in realtà è “Ai Yoon”, il suo avatar prodotto con la tecnologia deepfake, per tentare di rendere “cool” un politico sessantenne.

Tutto regolare e nel massimo rispetto la legge: l’autorità di controllo elettorale della Corea del Sud consente infatti l’utilizzo degli avatar dei candidati a condizione che siano identificati come tecnologia deepfake e non diffondano informazioni false.

Ai Yoon, sviluppato partendo da ore di filmati e da oltre tremila frasi pre-registrate dal candidato, è il primo avatar deepfake ufficiale di un candidato (in vista delle presidenziali del 9 marzo): non stupisce che ciò avvenga proprio in Corea del Sud, il Paese che ha la connessione internet più rapida del mondo per velocità media.

L’avatar somiglia spaventosamente al candidato sudcoreano, ma rispetto all’originale utilizza un linguaggio più corrosivo, con frasi calibrate e ispirate al mondo dei giochi online così da diventare virali e attrarre i giovani elettori under 30: il successo è stato immediato e Ai Yoon ha ottenuto milioni di visualizzazioni sin dalla sua comparsa sul web, a inizio 2022.

La strategia si è rivelata vincente e le dichiarazioni di Ai Yoon hanno conquistato le prime pagine sui mezzi di comunicazione sudcoreani, mentre oltre 7.000.000 di persone hanno visitato il sito Wiki Yoon per dialogare con l’avatar.

“Le parole pronunciate più spesso da Yoon sono più efficaci con Ai Yoon”, sottolinea Baik Kyeong-hoon, direttore della squadra che prepara i discorsi del candidato e che ha dato vita ad Ai Yoon.
“Cerchiamo di trovare risposte divertenti e satiriche, mentre se avessimo prodotto soltanto dichiarazioni politicamente corrette non avremmo ottenuto queste reazioni”, sottolinea Baik. “L’establishment politico è troppo lento rispetto a una società che si evolve rapidamente”.