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Selfie sfocati, photo dump disordinati, meme enigmatici: perché tutti i feed sono diventati “brutti”? Benvenuti nell’Instagram della Gen Z.

I nati nell’89 hanno reflex digitali, mettono su Flickr belle foto in bianco e nero cantava Niccolò Contessa / I Cani nel 2011. 

Oggi potremmo rispondere: I nati nel ‘99 hanno smartphone da migliaia di euro, mettono su Instagram selfie sfocati e photo dump casuali.

Immedesimatevi in voi stessi mentre scorrevate, solo pochi anni fa, il feed Instagram del vostro influencer/attore/musicista preferito. Avreste potuto ammirare la sua lussuosa stanza d’albergo, i suoi book fotografici patinati o il tavolino di una colazione (rigorosamente con avocado toast e cappuccino speciale) perfettamente allestito.

Fate la stessa cosa adesso. È più probabile che vediate caroselli con foto flashate di vassoi di un fast food, la targa di un’auto a caso, rifiuti per strada, selfie scattati contro un vetro sporco. Che cosa è successo?

Gli anni del dominio incontrastato della cosiddetta Instagram aesthetic – fatta di colori pastello, fotografie patinate e postprodotte, location esclusive, feed coordinati e curatissimi – sono finiti. I Millennials hanno passato il testimone a una nuova generazione, la Gen Z dei nati dopo il 2000, che ha deciso di ricercare deliberatamente lo stile opposto.

Gen Z e l’era “strana e brutta” di Instagram

Veri nativi digitali, smaliziati al punto da riconoscere ogni accenno di ritocco artificiale, i giovani della Gen Z su Instagram prediligono scatti spontanei fatti quasi sempre con lo smartphone. Non disdegnano sfocature, messe a fuoco mancate o dettagli tagliati. I post sono spesso pubblicati d’impulso senza programmazione e senza apparente correlazione con le altre immagini dello stesso carosello o del feed. Un atteggiamento che avrebbe fatto rabbrividire i Millennials maniaci del rispetto della palette cromatica e che invece oggi si inserisce perfettamente nel fenomeno del photo dump. Un insieme di immagini scollegate tra loro, se non per il generale tono (auto)ironico e per la volontà di voler comunicare più un mood che una singola informazione. Scatti che rappresentano momenti di vita reale piuttosto che alterazioni dovute a filtri o editing pesante.

Una tendenza che sembra essere nata negli anni dei lockdown mondiali dovuti alla pandemia. Mesi in cui il tempo dedicato ai social network era aumentato vertiginosamente, ma in cui tutti potevano solo documentare la normalità delle proprie vite domestiche.

C’è chi ha parlato della nascita di una nuova weird and ugly aesthetic. Forse il riflesso, addirittura, di una vera evoluzione nel modo in cui usiamo internet. I giovani della Gen Z, trainati e assecondati da TikTok e BeReal (su cui abbiamo scritto anche noi qui) che valorizzano contenuti spontanei e personali, non sembrano avere più interesse per un’estetica idealizzata. Danno invece sempre più valore all’autenticità, ricercata fin nei suoi dettagli più triviali.

Vale la pena sottolineare che l’anti-estetica non è solo una tendenza visibile su Instagram. La “bruttezza” è ovunque, dalla riscoperta del taglio di capelli mullet al successo della maglieria visibilmente amatoriale e al “rinascimento delle Crocs”. Addirittura qualche mese fa era diventato virale un trend che consisteva nel ricreare le borse sotto gli occhi su TikTok.

Instagram e l’imperfezione: quale futuro per i brand?

Considerate le tendenze anti-estetiche che la Gen Z sta manifestando, i social media dovranno cambiare pelle per sopravvivere. E se sceglieranno di assecondare queste richieste garantendo nuovi spazi per l’espressione delle individualità, quale sarà il ruolo dei brand sulle piattaforme?

Oggi è percepito spesso come eccessivamente pervasivo, soprattutto a scapito dei contenuti di utenti “normali”. Per essere riaccettato dagli utenti dovrà essere ripensato per favorire una comunicazione umanizzata, spontanea e, soprattutto, più legata all’espressione di valori e impegno che alla proposta di prodotti da acquistare.

Una tendenza, quella della Gen Z su Instagram, intenzionalmente anti-estetica che si basa su ironia, immediatezza e un certo spirito anarchico è certamente più difficile da ricreare a fini commerciali. Ma, se assecondata nei modi corretti, garantisce a un brand il raggiungimento di un’inimitabile cifra personale. Un risultato ottenuto grazie a un tone of voice che si avvicina al modo di comunicare degli utenti e rende il brand “umanizzato” e inconfondibile.

Tra gli esempi di chi si sta adeguando a questo nuovo modo di comunicare c’è il beauty brand Glossier. Accanto a foto e video più classicamente “di prodotto” (ma che comunque si allontanano dalla patinata Instagram aesthetic), ecco un mix di meme, primi piani naturali, semi-sfocati selfie di utenti e, recentemente, il video di un maialino rilassato che fa il bagno.

E anche influencer e celebrities hanno capito che questa è la direzione in cui muoversi. Basti guardare queste foto disordinate della modella Bella Hadid o un carosello della cantante Dua Lipa in Cile, organizzato come se fosse una normale turista. Oppure questo post dell’attrice Emma Corrin, che alterna il proprio look sul red carpet a selfie sfocati con gli amici.